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LA VERGINALITA' INTERMINANTE
DI GIOMBARRESI
IL PITTORE CONTADINO
01. BRANDENDO DURLINDANA DI DISPERAZIONE
Quello che oggi Francesco Giombarresi chiama, con una punta di malcelato orgoglio contadino, il suo « studio », fu un giorno stalla acre di caldo letame: per uomini e bestie.
Epperò, fra i quattro muri screpolati di lebbra, vi hanno vegliato e dormito, in proliferante promiscuità, generazioni di braccianti scarabei, di baldovini infraciditi di posteme, di ovini comisani segnati nel volto da angoscia ebrea. Vi hanno sognato, gridato, pregato, bestemmiato: la luna, il sole, Cristo e la malasorte. Vi hanno ruminato, tutti con doppio stomaco, il legume di Monte Tramontana.
Ora, su un vassoio di latta dipinta, a tre piatti concentrici, le fave abbrustolite tentano i molari cariati dell'ospite pitagorico.
Il resto è irriconoscibile.
Un lustro canterano fa pompa di sé, memoria della dote della vergine sposa e una poltroncina di vimini cedenti inghiotte a tradimento l'ospite di riguardo. Su un tavolo pietosamente protetto da una fredda, rigida tovaglia di plastica si alienano, inerti, i tubetti dei colori a tempera, i pennelli ripuliti e un bicchiere, pieno a metà d'acqua sporca. Alla parete fresca d'intonaco le tre seminatrici gettano « a spaglio » il grano primordiale nel solco cupo, più simili alle tre Parche, che non alle tre Grazie; creature, ad ogni modo, desolate di un ipotetico Munch in quarantena; una strisciolina di carta incollata sulla cornice avverte però che quella è opera di «Proprietà» dell'autore... (continua)
.: la notti longa
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