1972
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SARACENI DI SCILIA
01. Introduzione - 02. Credimi Nat - 03. Guglielmo Volpe - 04. Mario Gori - 05. Giuseppe Marletta - 06. Filippo Nasello - 07. Giorgio Bertone - 08. Rolando Certa - Gianni Diecidue - Nat Scammacca - 09. Benedetto Scalirò - 10. Mario Rappazzo - 11. Salvatore Camilleri - 12. Enzo D'Agata - 13. Francesco Giombarresi - 14. Alfredo Maria Bonanno - 15. Tino Costa - 16. Guglielmo Pepe - 17. Cesare Aloisi - 18. Lino Tasca - 19. Tavole - 20. Indici
Mi chiamo, se la memoria non m’inganna, Abdùl Kaly’.
Sono nato a Lingua Grossa, sulle pendici solforose di Mongibello, il 21 ottobre del 1918. O del 1128. O forse del 1948.
Qui, nell’isola islamica, devastata dalle primavere del Profeta, i secoli non contano, il tempo scivola impercettibile sulla macchia mediterranea, senza alcun senso; la meridiana stinta di Mangabah scandisce, — sulla stessa cabala, — il minuto secondo o il millennio.
Indifferentemente.
L'aria, gli olivi, i mandorli, i mari, i bivieri, non sono del tutto inquinati. Le montagne conservano sfaccettature diamantine, trasparenze di cristallo.
Proprio per questo mi chiamo Abdùl Kaly’ ibn Joseph. Come all’epoca della gènesi.
L'isola, guardata con pupilla di Allah, è un immenso giardino d'aranci e di limoni. Alla deriva. Dicono che faccia parte dell'Europa; e invece è la regione più fertile, più calma, più pacifica, più rassegnata dell'intero mondo arabo
Raccontano anche che le sue rigogliose contrade siano state barbaramente corse, da Greci e Romani, da Goti e Alamanni, da Burgundi e Visigoti, da Svevi e Francesi; e che poi un migliaio di guerrieri siano calati dal Nord sino a Marsala, per liberare Sicilia dal dispotismo di un monarca esoso e protervo.
Sono tutte leggende.
Nella valle dell'Alcantara i miti fioriscono più degli stessi asfodeli, le acque che zampillano giù dai Peloritani e dai Nebrodi sussurrano...(continua)
.: la notti longa
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