1969

Ossa Vive

Pittore e scultore ed ora anche poeta. Salvatore Incorpora sfoga nei canto la sua pena mediterranea. Il mito, da noi, è ancora realtà immanente, Calabria e Sicilia sono Magna Grecia e il Mar Jonio lambisce Naxos ad occidente e Zacinto ad oriente; ad Iraklion poi il pane e l'aglio sono sacri.
La rovina archeologica srotola ai margini del tempo, ma i contadini e i pastori restano aggrappati alla terra nella fissità dei loro gesti immemorabili: il mandorlo si riveste di bianche effimere corolle ad ogni primavera, a scandire dolorosamente gli anni sul quadrante di una vicenda ciclica che si apre nel momento stesso in cui si conclude. Il sentimento del poeta affonda le sue radici proprio in questo humus culturale: il tronco, i rami, le frondi saranno una logica conseguenza, un producente sviluppo del postulato: il clima nordico, quello della Polonia o della Germania, indicheranno invano un'inversione di marcia, che non è detto che fra i barbari, — e barbari sono tutti coloro che non parlano la nostra lingua, — non possa sbocciare il purpureo anemone a rendere più sopportabile l'angoscia dell'esilio.
Salvatore Incorpora ha intitolato « Ossa vive » le sue poetiche memorie, definendole, in tal modo, la scarnificazione da una parte e dall'altra eccitandone il ritorno sulla soglia di una coscienza che non si rassegna alla sconfitta. Noi ameremmo chiamarle scaglie di marmo cadute sotto lo scalpello tutt'attorno al corpo di un Telamone che riposi sull'erba rugiadosa della Valle dei Templi; o semplicemente epigrammi; ma alla maniera dei poeti ellenistici; e perciò epigrammi che sanno d'amore e di morte, d'élegos e di stratià, di etère e di figli che soffocano il vagito nel seno della madre.
Ad ogni devastazione l'opportuno restauro.
Ad ogni voce un'antifona.
Ad ogni parola un'eco.
Epperò il poeta, consapevole della fragilità della nuvola, intonerà così la sua storia: lo sono d'un paese tutto sole!

.: la notti longa :.