1968
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FEMMINA
1. Introduzione - 2. Pi lu matrimoniu di Prazzitu
3. Hanno detto - 4. Glossario- 5. Indice
Diceva Paul Verlaine: «Prends l'Eloquence et
tords-lui son cou! ».
Che Giovenale, nelle sue concelebrate satire, sia riuscito a torcere del tutto il collo all'Eloquenza, sino a farle schizzare gli occhi di fuori, non diremmo. L'eloquenza è il manto rutilante di un mostro che si chiama Ipocrisia. E l'ipocrisia è nella natura stessa degli uomini. Non ripeteremmo, d'altra parte, in piena tranquillità di coscienza, quel luogo ormai, comunissimo che vuole indicare in Giovenale il poeta essenzialmente e «tremendamente misogino». Anche perché non è misogino chi disprezza oggi quella donna che ieri aveva immensamente amato.
Giovenale muove i suoi passi di poeta sconsolato dentro il solco di una tradizione di secoli, greca, latina, ebraica, orientale. Raccoglie le secche staffilate contro le donne di Semonide e di Euripide, le acrimonie e le acerbità di Lucilio e di Lucrezio; e il brontolare querimonioso del vecchio Catone; trasmetterà, a sua volta, il sacro furore antifemminile della sua satira esagitata ai posteri variamente commossi, ai Padri della Chiesa, ma anche ai figli di quei Padri, ai versaioli oziosi e ai Santi nostrani e bizantini, ai bacchettoni e ai gaudenti d'ogni tempo e d'ogni latitudine… (continua)
.: la notti longa
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