16-19/12/1982
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SANTO CALÌ E IL MONDO CLASSICO
Chi ha conosciuto Santo Calì sa bene che egli non fu, nè avrebbe voluto probabilmente essere considerato, quello che in genere s'intende un "neoclassicista". A parte il suo fastidio per le definizioni, le etichette (l'unica che avrebbe accettato sarebbe stata forse quella di poeta); a parte, dicevo, questa sua idiosincrasia per le classificazioni, che mi pare doveroso rispettare, bisogna dire che troppe cose gli mancavano perché potesse essere ritenuto un devoto cultore della classicità: intanto la netta delimitazione al campo classico dei suoi interessi, che invece spaziavano in lungo e in largo dalla storia dell'arte al folclore, dalle cronache di paese alla letteratura del Settecento; e poi, soprattutto, quel sentimento di solitudine intellettuale, di privilegio, di "epigonato", com'è stato definito, che caratterizza non pochi studiosi dell'antichità greco-romana.
Bisogna tuttavia giustificare il titolo della presente trattazione e ci si accorge allora che il discorso che finora s'è fatto, la stessa riluttanza ad entrare nel tema, sono originati da un'unica preoccupazione, quella di smembrare la figura di Santo Calì, ritagliando uno scomparto, quello dei suoi rapporti con la classicità, che dia un'immagine dimidiata del personaggio. C'è insomma in questa preoccupazione la consapevolezza di un'appropriazione indebita, di una settorialità del discorso che aspira invece ad una comprensione totale.
Perché il tema della classicità nell'opera di Santo Calì è in realtà di estremo interesse, proprio per... (continua)
.: la notti longa
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