16-19/12/1982
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ATTI DEL CONVEGNO NAZIONALE DI STUDI
01. LA PAROLA E IL VERSO
Nella poesia di Santo Calì la parola ha un peso determinante e ben definito. La parola rende la poesia intraducibile.
Se vogliamo comprendere la poesia del Calì, con buona pace di certi fanatici esegeti, moderni, dobbiamo dimenticare il vecchio concetto dell'immagine legata alla parola e dobbiamo liberare la parola da ogni impaccio sentimentale o romantico, perché essa rimane sola, quasi tragicamente, e riacquista il significato primitivo del "verbo" creatore.
Ciaula ciunca e iù cruvacchiu sgreciu
e na muntagna giarna ciacculiata
di peni centenari: storii antichi
comu li nostri, peni antichi comu
li nostri vampulijnu nta l'ariu
d'ummiri cubbu a répiti spicati,
e la schigghia cianchina di la morti
cci linzija li costi a la muntagna ...
Le parole qui sono più che pietre: sono creazione, vita, calore. Nei versi di Santo Calì c'è sempre una straordinaria potenza creatrice, legata a un linguaggio scarno ed essenziale. La forza del discorso non risiede nel volume dei toni, né nell'asprezza dei contrasti, bensì nella purezza della parola, che nasce da quel discorso e in quel discorso si esaurisce. Anche nei toni tenui e sommessi, anche nella più tenera espressione d'amore, come nel più violento irrompere della passione, è uguale la forza di questo logos primordiale, che ha trovato nel dialetto siciliano uno strumento impareggiabile per la sua esperienza umana.Naturalmente si tratta di un dialetto, tutto particolare, che il Calì rielabora e maneggia con estrema indipendenza e libertà, come fanno i poeti, servendosi di...(continua)
.: la notti longa
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